Il treno nella letteratura gialla
Il treno nella letteratura gialla
Il treno nella letteratura gialla. Sin dalla nascita del genere poliziesco treni di ogni tipo, da quello per Inverness che vede in azione Sherlock Holmes al favoloso Orient Express di Hercule Poirot, dal modesto accelerato fino alla “tube” metropolitana, sono stati teatro dei più svariati delitti. Forse perché, agli albori della narrativa poliziesca, il treno veniva percepito come icona di un futuro dove dinamismo e velocità eliminavano le distanze, un magico albergo in movimento dove i passeggeri – sconosciuti che vanno, sconosciuti che vengono – in un ambiente a suo modo quasi esotico, potevano aspettarsi un incontro inaspettato con l’avventura. Nessun altro mezzo di trasporto possedeva lo stesso fascino né poteva offrire una cornice così seducente: luogo chiuso e isolato dal mondo esterno, eppure parte di esso, popolato di sconosciuti fra i quali si celano la vittima e l’assassino.
Hans Tuzzi è autore di saggi su bibliofilia e collezionismo, e dei romanzi Vanagloria (2012), Nessuno rivede Itaca (2020) e, il più recente, Curiosissimi fatti di cronaca criminale (2023), tutti editi da Bollati Boringhieri. Della serie poliziesca che ha protagonista il commissario, poi vicequestore, Norberto Melis, in una intervista a Fahrenheit del 2015 disse che “ha l’ambizione di rappresentare l’Italia dal 1978 (rapimento Moro) sino alla crisi della Prima Repubblica, gli anni in cui si svilisce la grammatica di una civiltà”. Un aspetto presente in tutti i suoi romanzi, sottolineato anche da Corrado Augias: “Tuzzi è un maestro che sottintende il declino di una civiltà.”
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